Mutui a tasso variabile: come funzionano e quali sono i vantaggi

Approcciandosi al mondo dei mutui si capisce ben presto che la scelta fondamentale ricadrà sulla tipologia di tasso: variabile, fisso o misto? Nel calcolo mutuo a tasso variabile vengono presi in considerazione aspetti leggermente diversi rispetto ad altre tipologie di tassi. Il tasso variabile sul mutuo spesso spaventa per la “possibilità che aumenti” improvvisamente, raggiungendo valori troppo alti ed è pertanto scelto da una percentuale di mutuatari in un rapporto di uno a tre rispetto al tasso fisso. Avremo modo di vedere in seguito quanto alcune “leggende metropolitane” influiscano negativamente sul mutuo a tasso variabile, che invece può riservarci piacevoli sorprese.

La scelta del tasso dà vita a due filoni di pensiero che da sempre si contrappongono, tra chi preferisce la tranquillità e la certezza di rate costanti, determinabili e con un piano di ammortamento conosciuto fin da subito e per tutta la durata del finanziamento e chi invece preferisce sfruttare il tasso variabile, per cercare di ottenere rate più piccole e un tempo di rimborso minore. Sono entrambi correnti di pensiero valide, che poggiano su basi ragionevoli e con relativi pro e contro. Ciò che comporterà la scelta di uno o dell’altro tasso sarà da ricercare nella propensione al rischio del mutuatario (cioè quanto è una persona portata a “scommettere”), alle sue condizioni economiche e familiari e alle condizioni del mercato al momento della stipula del contratto.

Ci sono però alcuni momenti storici, che possono durare anche diversi anni, in cui è particolarmente conveniente optare per il tasso variabile, con conseguente notevole risparmio sul mutuo. Questo perché il tasso variabile applicato al mutuo è legato all’indice Euribor, tasso europeo di riferimento la cui determinazione è costantemente in oscillazione: questo indice è infatti l’interesse medio a cui si prestano denaro le principali banche europee per periodi di tempo definiti (da una settimana a un anno).

In periodi di rallentamento dell’economia, di crisi o di stagnazione può capitare che il costo a cui le banche si prestano denaro sfiori lo zero o addirittura scenda sotto questo valore. Essendo il tasso variabile la somma dello spread bancario e del tasso Euribor va da sé che se quest’ultimo è negativo allora pagheremo interessi inferiori rispetto al margine applicato dalla banca.

Il tasso variabile sul mutuo ha diversi modi per essere determinato, ma il concetto di fondo rimane identico in tutti i casi: di mese in mese ci troveremo a pagare rate di valore differenti (di quanto dipende dalla variazione del tasso Euribor sul quale è calcolata la rata), con l’impossibilità di determinare i vari importi mensili anche su un periodo di tempo piuttosto breve. Da qui “l’incertezza” della rata che il tasso variabile comporta sul nostro mutuo.

Mutuo a tasso variabile o fisso?

Non esiste una vera e propria regola a cui fare riferimento, che indichi sempre quale soluzione sia la migliore. Tuttavia possiamo prendere in considerazione alcuni concetti al fine di chiarirci le idee e determinare la scelta per l’uno o per l’altro tasso.

In caso di tasso fisso, intorno al 3% sarà buona norma accettare questa tipologia per garantirci un mutuo pluridecennale ad un prezzo ragionevole e con la possibilità di determinare in anticipo tutto il piano di ammortamento e di calcolare le uscite. È una soluzione che si adatta molto bene al contesto familiare in cui “i soldi non bastano mai” e le spese, anche impreviste, sono sempre dietro l’angolo: riuscire a definire con largo anticipo quanti e quali spese fisse avremo ci consente di avere sempre sotto controllo la situazione e poter programmare anche di risparmiare.

In caso invece di tasso fisso che supera il 4,5-5% allora la scelta dovrebbe orientarsi verso un mutuo con tasso variabile, che dovrebbe mantenere una differenza percentuale rispetto al fisso per un tempo sufficientemente lungo a rendere la nostra scelta profittevole. Avere per molti anni un tasso più vantaggioso permette di accorciare i tempi di rimborso del capitale, pagando meno interessi ad ogni rata versata.

A maggior ragione nei primi anni del mutuo, dove gli interessi che si pagano sono più elevati: il tasso di interesse è infatti calcolato sul nostro debito residuo, che all’inizio del finanziamento è pressoché uguale alla cifra che abbiamo ottenuto in prestito. Col passare del tempo invece, anche se il tasso d’interesse si dovesse alzare, andrebbe a “colpire” un mutuo in parte già rimborsato e quindi i suoi effetti sarebbero più limitati. Un tasso contenuto nei primi anni di mutuo produrrà un vantaggio abbastanza consistente, tale per cui ci dovrebbe essere un deciso incremento del tasso nei rimanenti anni di contratto per “sfavorirci” rispetto al tasso fisso: come detto con il passare del tempo e la riduzione del debito, l’impatto degli interessi è sempre meno significativo, per cui potremmo anche sostenere un tasso variabile maggiore negli ultimi anni di mutuo senza risentirne particolarmente. Certo è che una soluzione variabile sembra più appannaggio di chi dispone di un buon stipendio, in grado di non risentire delle differenze da un mese all’altro in caso di rata maggiorata.

Come detto non esiste una vera e propria regola ma l’idea di fondo è che se tra il tasso fisso e il tasso variabile la differenza è di circa un punto percentuale allora andrebbe privilegiato il tasso fisso: il vantaggio del tasso variabile non sarebbe infatti consistente se paragonata alla certezza dell’altra soluzione. Mentre in caso di netto vantaggio del tasso variabile (superiore al 2%) allora dovrebbe essere quest’ultima la scelta migliore: potremmo sfruttare il tasso variabile basso per affrontare i primi anni in cui il debito residuo è più alto e gli interessi producono maggiormente i loro effetti.

La situazione intermedia (con differenza tra fisso e variabile tra l’1 e il 2%) lascia al mutuatario la scelta, sapendo che entrambe le soluzioni hanno pro e contro equivalenti, senza un reale vantaggio nell’una o nell’altra scelta.

Tasso variabile con CAP

Rispetto a pochi anni fa, in cui il CAP esisteva ma non era troppo considerato, si è assistito ad un vero e proprio boom della richiesta dell’inserimento nel contratto del di questo valore. Il CAP non è altro che un “tetto massimo” oltre al quale il tasso variabile non può salire, anche se il tasso Euribor di riferimento avesse un valore più alto. Nel corso del biennio 2010-2012 si è infatti assistito alla crescita sconsiderata dei tassi di riferimento a cui erano agganciati i tassi variabili di centinaia di migliaia di mutui. Il risultato fu l’impennata dei tassi e forte incremento del peso degli interessi sulla rata, con mutuatari costretti a pagare mensilmente importi che molto si discostavano dai valori tradizionali.

Per ovviare al problema si inserisce quindi un massimale oltre al quale il tasso rimane costante, andando così a fissare il tasso variabile con CAP. L’importanza dell’inserimento di questo valore è innegabile. Anche in tempi non sospetti, con tassi di riferimento nulli o negativi sarebbe comunque utile prevenire futuri rialzi: il mutuo è un percorso pluridecennale e nessuno può sapere che valori assumeranno i tassi da qui a qualche anno. Inoltre il CAP è fissato, generalmente, 3 punti percentuali più in alto rispetto al tasso vigente al momento della stipula del contratto: se ora ci trovassimo con Euribor prossimi allo zero o inferiori potremmo chiedere di inserire la clausola per determinare il nostro tasso variabile con CAP, sapendo a priori che il nostro tasso d’interesse massimo sarà di circa il 3%: un valore piuttosto contenuto che potrebbe non ricapitarci in caso di ripresa dei mercati.

Il CAP è quindi un valore che gioca a favore e a protezione del mutuatario, indipendentemente che si attivi o meno: prevenire è sempre meglio che curare e se questo può farci risparmiare parecchi soldi allora è bene avere sempre un occhio di riguardo.

Tasso variabile a rata costante

Una soluzione che permette di sfruttare il tasso variabile avendo però la certezza della rata fissa è il tasso variabile a rata costante. Questa variante “gioca” sulla durata del nostro mutuo, che aumenta o diminuisce in base alle variazioni dell’Euribor: in caso di aumento pagheremo sempre la stessa rata, ma la stessa avrà una componente di interessi superiore. In caso di diminuzione invece pagheremo una rata costante ma composta quasi interamente da quota capitale, che quindi andrebbe a diminuire il debito residuo più velocemente.

Il concetto è abbastanza semplice: di mese in mese la rata non varierebbe ma “analizzandola” scopriremmo che avrà una quota capitale (parte della rata che va a ripagare il debito residuo) e una quota interessi (parte della rata determinata dagli interessi calcolati sul debito residuo) in costante evoluzione. Ora, se l’Euribor scende anche il nostro tasso variabile scenderà e produrrà quindi meno interessi sul debito residuo; essendo però la rata costante andremo a “riempire” il vuoto lasciato dalla diminuzione degli interessi con una componente maggiore di quota capitale. In questo modo il nostro debito calerà più rapidamente e la durata del mutuo si ridurrà.

Discorso opposto in caso di aumento del tasso di riferimento, con aumento del tasso variabile e aumento della parte della rata composta dagli interessi: essendo la rata costante dovremo far spazio a questi maggiori interessi riducendo la quota capitale: andremo quindi a ripagare una parte minore del nostro debito e la durata del mutuo si allungherà.

Si tratta sicuramente di una soluzione interessante quella che offre il tasso variabile a rata costante, ideale anche per chi ha famiglia e ha quindi necessità di sapere con largo anticipo le uscite fisse. Questa soluzione permette però di sfruttare il tasso variabile, soprattutto in epoche di tassi bassi o particolarmente bassi, durante i quali interessi minori ci consentono di destinare quasi per intero la nostra rata a ripagare il debito residuo e a ridurre notevolmente la durata. Se poi in futuro dovesse concretizzarsi un aumento del tasso variabile potremmo contare sul fatto che andrebbe a colpire un debito minore nel suo ammontare, producendo effetti ed interessi minori. Inoltre, il sopracitato CAP, potrebbe darci un’ulteriore mano.

Tasso variabile o fisso? Tasso misto!

Spesso il tasso misto non viene considerato: tasso variabile e fisso sembrano gli unici esistenti e finiscono per oscurare le altre soluzioni. In tempi di incertezza economica, dovuta all’andamento dell’economia e del mercato, prendere oggi una decisione e portarla a termine tra decine di anni potrebbe rivelarsi quasi impossibile. Il mondo dei mutuatari è pieno di pentiti del tasso fisso che ora bramano il variabile o di possessori di un mutuo a tasso variabile che ad ogni aumento degli indici di riferimento si pentono di non aver scelto il fisso.

Per tutte queste persone esiste la possibilità di contrattare l’inserimento di una clausola che possa permettere il passaggio dal tasso variabile al fisso o viceversa. Sia che la scelta del momento sia a carico del mutuatario, che si troverebbe a scegliere il momento più opportuno, sia che la scelta venga concordata e il passaggio sia automatico dopo un certo numero di anni o rate. Quest’ultima variante ovviamente rappresenta un’incognita maggiore, perché potremmo avere la sfortuna di vederci cambiare il tasso quando il nostro è molto competitivo e non vorremmo cambiarlo.

La prima variante, che permette al mutuatario di scegliere il momento più opportuno, ci metterebbe nelle condizioni migliori: avremmo nelle nostre mani la possibilità di cambiare tasso nel momento migliore per minimizzare gli interessi dovuti e massimizzare la finalità della nostra rata. Massimizzare la finalità della rata significa far sì che contenga quanta più quota capitale possibile, in modo da andare ad abbattere il debito residuo.

Tasso variabile alto? Surroga o rinegoziazione

Per i mutuatari non soddisfatti della loro scelta oppure che dopo molti anni si trovano in una situazione peggiore rispetto a quella presente al momento della stipula del mutuo, a causa del cambio delle condizioni del mercato, possono pensare alla surroga del mutuo a tasso variabile come soluzione.

Se non hanno la possibilità di sfruttare il tasso misto allora dovrebbero prima valutare la portabilità del mutuo presso un altro istituto, facendosi fare dei preventivi. Una volta avuta la certezza che siamo idonei a surrogare il mutuo e abbiamo trovato un’altra banca possiamo recarci dalla nostra e mostrare il preventivo con lo scopo di rinegoziare il nostro mutuo ed ottenere condizioni migliori, con la certezza di avere una valida alternativa.

In queste condizioni il gioco passerebbe nelle mani dei nostri creditori, che se decidessero di rinegoziare il mutuo a tasso variabile potrebbero farci una controproposta ancora migliore rispetto alla banca surrogante. Otterremmo così un netto miglioramento delle condizioni del mutuo e del nostro tenore di vita.